Tra poche settimane sarà il 29 marzo, termine entro il quale l’Ue e il Regno Unito devono trovare un accordo per mantenere e garantire accordi “preferenziali” reciproci.
Dal momento in cui si concretizzerà formalmente la cosiddetta Brexit tale Stato non farà più parte del territorio doganale e fiscale dell’Unione Europea.
La circolazione delle merci tra UK e l’Italia verrà, dunque, considerata commercio con un Paese terzo; pertanto, da quella data si dovrà stabilire lo status doganale delle merci che si movimentano (entrate, uscite, transiti) attraverso il territorio doganale e fiscale comunitario e del Regno Unito, oltre al
trattamento adeguato in relazione all’Iva e alle accise, nonché quali disposizioni giuridiche trovino applicazione.
Dal 30 marzo 2019 tale Stato diventerà a tutti gli effetti territorio extra-comunitario e da tale data i movimenti delle merci che entrano nel territorio Iva dell’UE o sono inviate o trasportate dal territorio Iva dell’Unione verso il Regno Unito dovranno essere trattati, rispettivamente, come importazione o esportazione di merci .
Ciò comporta che il cessionario nazionale dovrà assolvere l’Iva all’importazione (salvo presentazione della dichiarazione d’intento nei confronti della Dogana) e registrare la bolletta doganale di importazione.
Allo stesso modo, il cedente nazionale che invia dei beni al proprio cessionario britannico, effettua un’esportazione non imponibile, ai sensi dell’articolo 8 D.P.R. 633/1972; l’importatore dovrà, pertanto, dotarsi di un codice EORI (Economic Operator Registration and Identification). Ciò comporta, fra l’altro, l’applicazione delle formalità doganali, la presentazione di dichiarazioni e l’eventualità che le autorità doganali esigano garanzie per le obbligazioni doganali potenziali o in essere.
E le merci introdotte nel territorio doganale dell’Unione dal Regno Unito saranno disciplinate dal Regolamento (CEE) 2658/1987 che comporta l’applicazione dei pertinenti dazi doganali.
Per le esportazioni di merci verso i Paesi terzi con cui l’UE ha concluso un accordo di libero scambio, gli esportatori possono beneficiare di tariffe preferenziali a condizione che i prodotti abbiano abbastanza “contenuto UE” secondo i parametri delle norme di origine. Dopo la Brexit, l’apporto del Regno Unito al prodotto finito non potrà più essere considerato contenuto UE; ai fini del calcolo dell’origine preferenziale dell’UE delle merci, sarà necessario controllare la propria rete di approvvigionamento, considerando “non originario” l’apporto dei beni di provenienza britannica. Ciò incide sulla capacità degli esportatori unionali di effettuare il cumulo con merci originarie del Regno Unito e può incidere sull’applicabilità di tariffe preferenziali convenute dall’Unione con paesi terzi.
Ricordiamo, infine, che l’Agenzia delle dogane italiana e l’Amministrazione finanziaria britannica (HMRC) forniscono aggiornamenti costanti sui propri siti istituzionali.
Particolare attenzione occorre prestare, tuttavia, alle operazioni effettuate a cavallo tra il 29 e il 30 marzo 2019.
Come gia’ detto infatti, gli acquisti effettuati da un soggetto Iva nazionale saranno da considerarsi importazioni e pertanto l’Iva sarà dovuta in dogana. Le cessioni effettuate a un soggetto stabilito nel Regno Unito, invece, resteranno non imponibili, sebbene a titolo diverso, ma l’operatore economico nazionale dovrà provare l’effettiva uscita dei beni dal territorio europeo. Applicandosi la disciplina doganale, dunque, verranno modificati anche gli adempimenti a carico degli operatori economici europei, e qualora intratteniate rapporti commerciali con il Regno Unito vi consigliamo di prendere contatti quanto prima con i vs. spedizionieri e/o con i vs. fornitori inglesi per definire le procedure necessarie.